La sindrome di Wanderlust e l’irrefrenabile voglia di viaggiare.

caspar_david_friedrich_viandante_sul_mare_di_nebbia
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“Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni.”

(Il libro dell’inquietudine, Fernando Pessoa)

 

Hai sempre voglia di viaggiare? Sei spesso preda del desiderio di partire alla ricerca di posti nuovi e luoghi lontani?

Potresti essere affetto anche tu dalla “sindrome di Wanderlust”, detta anche la “malattia del viaggiatore”.

Per la rubrica “le parole di latitudini” andiamo ad indagare questo termine tedesco che si riferisce al desiderio di viaggiare.

Il termine ha origine dalle parole “wandern” (vagare, errare) e “lust” (desiderio).

La poesia romantica tedesca di inizio 800 è il primo riferimento per identificare questa parola, mentre il corrispondente termine inglese viene utilizzato da inizio 900 come riflesso di quella che fu poi vista come un sentire tipicamente tedesco di “esplorare/girovagare” (wandering) che potrebbe essere fatto risalire al romanticismo e al sistema di apprendistato anglosassone (con il così detto “Grand Tour” in Italia e Grecia), così come l’abitudine adolescenziale del “wanderbird” e la ricerca della compenetrazione con la natura.

La così detta “sete di viaggiare” viene definita dal dizionario inglese Oxford “a strong desire to travel”.

La Wanderlust indica il desiderio di andare altrove, di andare oltre il proprio mondo, di cercare qualcos’altro: un desiderio di esotismo, scoperta e viaggio.

Può riflettere un’intensa voglia di autosviluppo personale attraverso la scoperta di luoghi sconosciuti, affrontando sfide impreviste e conoscendo culture e stili di vita differenti dal proprio. Può essere guidato anche dal desiderio di fuggire e lasciarsi dietro sentimenti o sensi di colpa.

Alcuni vedono nella Wanderlust un rifiuto delle convenzioni sociali, altri un vagabondaggio estetico che prende la forma di una fuga dal mondo nella speranza di un risarcimento interiore.

Questo concetto costituisce uno dei temi principali del romanticismo tedesco, specialmente nella letteratura di Goethe o della pittura come il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich.

Alcuni studiosi hanno trovato nel Dna la “colpa” della sindrome di wanderlust: il gene DRD4, coinvolto nei livelli di dopamina nel cervello, collegato con la motivazione e il comportamento.

La mutazione del gene DRD4 in DRD4-7R, riscontrabile nel 20% della popolazione, è associata all’irrequietezza e alla curiosità, e fa sì che le persone abbiano una grande voglia di esplorare luoghi nuovi. Inoltre la mutazione DRD4-7R si verifica con maggiore probabilità nelle società moderne con un forte passato migratorio. Pare che statisticamente questa mutazione avvenga nelle persone i cui antenati migrarono dall’Africa verso altri continenti.

Il batticuore che precede la partenza, quell’emozione mista tra ansia ed eccitazione che prende la bocca dello stomaco, quell’adrenalina che alcuni o tanti di noi siamo abituati a provare prima di ogni viaggio rappresenta la somatizzazione di questa favolosa, speriamo incurabile, malattia del viaggiatore.