Le parole di Latitudini: il flâneur, l’uomo che vaga osservando la città.

flaneur nel centro cittadino
flaneur nel centro cittadino

“Chi è il flâneur? Uno che porta al guinzaglio delle tartarughe lungo le vie di Parigi.”

 

“Monito terrorista che la retta è per chi ha frettaNon conosce pendenze, smottamenti, rimonte.”

(Bolormaa, Consorzio Suonatori Indipendenti)

 

“La folla è il suo elemento, come l’aria per l’uccello, come l’acqua per il pesce. La sua passione e professione è sposare la folla. Per il flâneur perfetto, per l’osservatore appassionato, è un immenso piacere fissare la propria dimora nel cuore della moltitudine, in mezzo al flusso e riflusso del movimento, nel bel mezzo del fuggitivo e dell’infinito. Essere lontano da casa e ancora sentirsi a casa ovunque, vedere il mondo, essere al centro del mondo e rimanere nascosto al mondo; questi sono alcuni dei più piccoli piaceri di quelle menti indipendenti, passionali, imparziali, che il linguaggio non può che goffamente definire. L’osservatore è un principe che gioisce di tutto il suo incognito. L’amante della vita fa del mondo la sua famiglia, proprio come l’amante del gentil sesso che costruisce la sua famiglia con tutte le belle donne che ha mai trovato, o che queste siano o meno, da trovare, o l’amante di immagini che vive in una società magica di sogni dipinti su tela. Così l’amante della vita universale entra nella folla come in un immenso serbatoio di energia elettrica. È anche possibile paragonarlo ad uno specchio, così immenso, come questa folla, ad un caleidoscopio di coscienza, che in ciascuno dei suoi movimenti, rappresenta la molteplicità della vita e si muove attraverso tutti gli elementi della vita. “

(Le flâneur, Charles Baudelaire)

Nel viaggio intorno al mondo e attorno all’uomo oggi andiamo a scoprire questa meravigliosa parola.

Flâneur (al plurale flâneurs) è un termine francese, reso celebre dal poeta Charles Baudelaire, che indica l’uomo che vaga oziosamente per le vie cittadine, senza fretta, sperimentando e provando emozioni nell’osservare il paesaggio.

La parola non possiede un’esatta corrispondenza in italiano, tuttavia la locuzione “andare a zonzo” rende bene l’idea dell’azione e del camminare senza alcuna meta predeterminata.

Il concetto di flâneur ha una significativa presenza anche nell’opera del filosofo Walter Benjamin ed è ricorrente nell’ambito di discussioni accademiche sulla modernità; è diventato significativo anche in architettura e urbanistica.

Attorno al 1850, Baudelaire sosteneva che l’arte tradizionale fosse inadeguata per le nuove e dinamiche complicazioni della vita moderna.

Le flaneur
Le flaneur

cambiamenti sociali ed economici portati dall’industrializzazione richiedevano che l’artista s’immergesse nella metropoli e diventasse, per usare le parole di Baudelaire, “un botanico del marciapiede”, un conoscitore analitico del tessuto urbano.

Poiché coniò il termine riferendosi ai parigini, il flâneur (colui che bighellona/passeggia) e la flânerie (il bighellonare/passeggiare/vagare) sono associati a Parigi e con quel tipo di ambiente, che lascia spazio all’esplorazione non affrettata e libera da programmi.

Il flâneur è tipicamente molto consapevole del suo comportamento pigro e privo di urgenza: per esemplificare questa sua caratteristica umorale, era descritto come “uno che porta al guinzaglio delle tartarughe lungo le vie di Parigi”.

Walter Benjamin adottò questo concetto dell’osservatore urbano sia come strumento analitico sia come stile di vita. Benjamin descrive il flâneur come un prodotto della vita moderna e della rivoluzione industriale, senza precedenti nella storia e decisamente appartenente a un certo tipo di classe sociale, con un avvento parallelo a quello della figura del turista.

Il suo flâneur è un borghese dilettante, non coinvolto ma molto perspicace. Benjamin divenne il suo stesso esempio principale, raccogliendo le osservazioni sociali ed estetiche che ricavava da lunghe passeggiate per le vie di Parigi.

Recentemente, alcuni studiosi hanno recuperato la flânerie come tecnica di ricerca nell’ambito della sociologia visuale.

Magritte_Golconda
Magritte_Golconda

L’incontro tra sociologia, fotografia e flânerie avviene con l’idea, apparentemente banale, di studiare il tessuto urbano di una metropoli, vagando senza meta prestabilita, setacciando anche le aree periferiche, osservando e fotografando dati marginali e anomali in cerca dell’effetto serendipity, vale a dire fare scoperte per puro caso o trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra.

Il flâneur, attraversa la città con passo lento e, soprattutto, con occhi nuovi. Un osservatore attento del grande mutamento che la modernizzazione ha determinato nelle grandi città europee, Parigi, Londra, Berlino e Milano, diventate metropoli assolutamente nuove per forme fisiche e vita quotidiana.

flaneur dandy
flaneur dandy

I mutamenti in atto e il continuo evolversi della città richiedono metodi anch’essi nuovi per capirle e rappresentarle.

Ecco che la flânerie, il camminare curioso e riflessivo, è necessaria ancora oggi e si evolve con questo compito.

Dai tratti quasi impressionistici dei poemetti in prosa di Charles Baudelaire si trasforma in un metodo sistematico di osservazione e di analisi della città e, attraverso questa, della modernità stessa che nelle nuove metropoli prende forma.